Incontro con i Tarocchi
Come un sedicenne un po' tronfio e con belle speranze dovrà poi attendere una trentina d'anni per (ri)trovare la strada e sé stesso.
Le origini
Il mio primo incontro con i Tarocchi fu un’esperienza che, con il senno di poi, non sono sicuro ripeterei.
Tutto ebbe inizio intorno ai miei sedici anni, quando per una serie di “coincidenze” (letture “casuali” e incontri personali) mi trovai a interessarmi a varie forme di esoterismo: chiromanzia, astrologia, I Ching, spiritismo, magia rossa etc. Siccome all’epoca mi sentivo molto intelligente e colto, perché leggevo tanti libri, trovavo tutte queste, per dir così, “discipline” piuttosto insipide e poco soddisfacenti. O richiedevano troppi calcoli per uno che faceva il liceo classico, come l’astrologia, oppure, come lo spiritismo, erano troppo dipendenti da forme, nella migliore delle ipotesi, di autosuggestione o di palese raggiro, nella peggiore.1
Il mio desiderio di scoprire mondi appartenenti all’altrove non trovava ancora una piena soddisfazione o una destinazione precisa. Può anche essere che ci fosse, in me, una certa contraddizione tra una razionalità di superficie e una differente attitudine latente, che mi incuteva una sorta di titubanza oppure di inconsapevole timore; quasi come stare davanti a una porta chiusa, senza decidersi a bussare.
In quel periodo, prese a frequentare casa nostra un signore piuttosto bizzarro e, al contempo, interessante, affascinante, molto colto, affabulatore di valore. Venne fuori, dopo qualche cena, che egli stesso si dichiarava esoterista di lungo corso, medium esperto di sedute spiritiche e cartomante.
Fino a quel momento avevo espunto la cartomanzia dai miei interessi esoterici, perché mi veniva di guardarla con molta sufficienza, come una cosa per ingenue prede di zingare disoneste.2 Tuttavia, il fascino di questo personaggio e le sue capacità seduttive, unitamente al fatto che per il mio compleanno mi fece avere un bellissimo mazzo di tarocchi cosiddetti egizi, alimentò molto velocemente le braci del mio interesse latente per la cartomanzia.
Devo anche ammettere che, con le carte, ci sapeva fare: in un paio di letture mi disse cose di me che pensavo di sapere solo io, anche se probabilmente erano soltanto espressioni piuttosto comuni e diffuse di certi malori esistenziali dell’adolescenza, facili da decodificare.
La realtà è che stavo cedendo a una forma di manipolazione piuttosto sottile: questo signore prese ad addestrarmi in “letture” sempre più approfondite e ben presto diventai (credetti di diventare) un giovanissimo cartomante esperto. Non sarebbe stato questo gran danno se non avessi preso ben presto a “fare le carte” in maniera non propriamente disinteressata; interessata non tanto a un ritorno economico - che pure qualche volta c’era - quanto piuttosto a fascinare l’interlocutore, quasi sempre un’interlocutrice, a cavalcarne le fragilità e le incertezze: come spesso accade, da manipolato mi stavo velocemente trasformando in manipolatore.
Senza dilungarmi troppo, a un certo punto - per mia fortuna - mi resi conto che stavo seguendo una strada sbagliata e comunque pericolosa, e capii, anche grazie a un buon amico che mi aprì gli occhi, che quella persona mi aveva sì insegnato molte cose, quasi tutte sbagliate, ma orientandomi verso un’attitudine insana.
Misi da parte libri esoterici e tarocchi e mi concentrai sull’esame di maturità, che si avvicinava sempre più.
Intermezzo
Dopo la maturità venne l’università, giurisprudenza, gli esami, i primi amori seri. Tante letture, qualche viaggio. L’esoterismo non c’era più, in superficie, anche se di tanto in tanto capitava un libro, una suggestione, un film, oppure qualcuno che rinverdiva il ricordo di quelle esperienze.
La laurea, il dottorato, il post-dottorato e sempre meno tempo e meno interesse per tutto, o quasi tutto; l’esame di stato, l’avvio della professione, il primo figlio, il matrimonio e poi il secondo figlio.
Poi la morte atroce di mia sorella piccola, a ventinove anni.3
Quattro righe per quasi vent’anni, in sintesi. Ma è solo per dare l’idea dei perimetri della mia vita, che apparentemente non aveva più niente a che fare con le profondità dell’inconscio, con la dimensione del sogno, con l’altrove e, in due parole, con nulla che non fosse razionale, pratico, materiale e professionale… dopotutto, tenevo famiglia ed ero diventato, a mia insaputa, un interprete perfetto del modello medio di borghese con la testa sulle spalle.
Ma l’appuntamento, rimandato, “con quel genere di cose” si stava avvicinando molto velocemente.
I Tarocchi vengono a farsi dire
“Venire a farsi dire” era l’espressione atavica che un mio amico dalla Lucania, terra di maghe e fattucchiere, onestissimo tarologo puro, usava per esprimere l’idea che non il cartomante legge le carte, bensì le carte vengono a farsi leggere, non si sa come e non si sa da dove, , vengono a “farsi dire” per l’appunto.
Arrivò, dopo pochi anni, il momento della separazione dalla madre dei miei figli. Dopo qualche anno, il divorzio. La vissi male, molto male, anche se da tempo ho capito che la mia fu una reazione tossica che poco o nulla aveva a che fare con i sentimenti e apparteneva, invece, a quella vernice catto-borghese perbenista, che aveva rivestito la mia vita di allora.
Sia come sia, ogni caduta, ogni fallimento, ogni dramma della vita porta in sé il seme del rinnovamento e della rinascita, che germoglia invincibile, se solo si riesce a vederlo; ogni sberla che prendi può essere utile a farti girare la testa dall’altra parte, così da farti vedere un’altra strada da percorrere. E così fu per me, benedetto quel giorno.
Assistendo ai miei piagnistei di allora, un’amica compassionevole e dotta mi parlò per la prima volta di Alejandro Jodorowsky, 4
dei suoi Tarocchi, dei suoi libri e dei suoi film.
Non avevo la più pallida idea di chi fosse questo Jodorowsky, ma per la considerazione che nutrivo (e nutro) per la mia amica mi lasciai convincere ad andare alla Feltrinelli lì vicino.
Un’epifania, ricordo come fosse ieri la vertigine che mi prese sfogliando i libri che vi trovai, quattro o cinque, compreso il suo capolavoro sui Tarocchi, dimenticando ogni cosa intorno a me. Fui l’ultimo, quella sera, a uscire dalla libreria, dopo qualche ora di lettura, in piedi, saltando da una pagina all’altra, da un libro all’altro. Naturalmente li comprai tutti.
Fu come ritrovare qualcosa che si aveva perduto, ricordarsi all’improvviso ciò che d’importante si era dimenticato, riconoscere un viso amico in mezzo a una folla straniera. Non so dire, ma mi sembrò come se gli ultimi decenni della mia vita fossero trascorsi per qualcun altro che non ero io, ovvero che magari pure ero io, ma totalmente assente a me stesso, ignaro di chi fossi.
E ricordai. Ricordai - e finalmente compresi - ciò che cercavo prima dei miei diciotto anni, che era nient’altro che la consapevolezza. Una parola difficilissima questa, insidiosa, cangiante, sfuggente: ti sembra di afferrarla, di prenderla e di comprenderla, per un attimo, e poi svanisce. Gli interessi esoterici, i libri occulti, le pratiche sostanzialmente manipolatorie di cui ho parlato prima, non erano stati - adesso lo comprendevo - altro che scorciatoie che la mia anima inesperta cercava per arrivare alla consapevolezza.
C’è un fatto curioso: quando molto tempo dopo mi capitò di aprire uno degli scatoloni di libri che avevo portato con me dopo la separazione, trovai in cima alla pila un celebre libro di Jodorowsky, “Quando Teresa di arrabbiò con Dio”. Che ci faceva lì? Non solo non sapevo di averlo, e di certo non lo avevo letto, ma neppure avevo la più pallida idea di come fosse arrivato nel mio scatolone. Altro che consapevolezza…
Lo presi e lo aprii, e sulla prima pagina trovai la dedica di mia sorella che me lo aveva regalato per il mio compleanno di anni e anni prima, quando ancora stavo bene. Fu un colpo al cuore, un’emozione che non posso descrivere; mi sembrò una macchina del tempo, un messaggio dall’altrove, un bacio di mia sorella sulla mia anima incerta e traballante. E ringraziai. E piansi.
Jodorowsky fu, per me, il detonatore o forse l’innesco della carica che covava silente nella mia anima. Poi vennero le letture, gli studi, le esperienze e gli esperimenti, la meditazione, la mindfulness, il massaggio trascendentale, e finalmente l’incontro decisivo con Moreno Fazari, grande e impagabile allievo diretto di Jodorowsky, che mi ha introdotto alla tarologia (quella seria), alla psicomagia e alla metagenealogia.
Ho anche avuto la fortuna d’incontrarlo, l’amato Alejandro, qualche anno fa in due occasioni in cui era venuto in Italia per presentare il suo grande film La Danza della Realtà.

Con gratitudine e umiltà, sento che oggi è arrivato per me il momento di restituire qualche cosa di tutto questo al mondo: contribuire, per quanto poco sia capace di fare, a diffondere una conoscenza che può dare sollievo, testimoniare l’esperienza che si possono alleggerire i pesi della vita. Un poco, almeno.
E questo è, esattamente, uno dei motivi per cui mi ritrovo qui, a scrivere di questa e altre cose su Substack.
Andava un po’ meglio con la chiromanzia, perché il contatto fisico - anche se questo l’ho potuto capire solo molto tempo dopo, quando iniziai a studiare e praticare alcune forme di massaggio - non solo mi era naturalmente congeniale, ma portava anche concreti risultati di “lettura” delle cose che stavano a cuore al consultante. Andava piuttosto bene anche con l’I Ching, soprattutto per la solidità filosofica che caratterizza questa antichissima sapienza.
E in un certo qual modo ci avevo visto giusto già allora, perché - come ho già accennato - una seria lettura dei Tarocchi non contiene e non può contenere alcuna forma di divinazione.
Parlerò ancora di Flavia, meglio e di più, a suo tempo. Qui vi accenno per due ragioni: la prima, ovvia e scontata, è che fu un evento segnante; la seconda sarà chiarita tra poche righe.
Di Jodorowsky, qui, parlerò molto e in molte occasioni diverse. Per il momento, a coloro i quali non lo hanno mai sentito nominare potrà bastare una veloce ricerca su Google.
Leggerti è un'esperienza di cui andare grata!
Grazie per questa condivisione e per aver parlato di "consapevolezza". Mi hai fatto emozionare nella parte sul libro con la dedica di tua sorella ma in qualche modo non ne sono stupita perché quando ci addentriamo in certe strade tutto acquista un senso ed è legato. Al prossimo episodio, aspetto con piacere ❤️